Le Guerre appaiono inevitabili: lo appaiono sempre quando per anni non si fa nulla per evitarle.
venerdì 3 gennaio 2014
DALLA BILANCIA DI CICERONE AL SALUMIERE STATISTA
“La salute del popolo sia la più
grande delle leggi”;
“Bisogna essere servi delle
circostanze”;
“Finché c'è vita, c'è speranza”.
Ne potrei citare
ancora molte di frasi di Cicerone.
Oggi, nel 106 a.c.
nasceva il più famoso avvocato, politico, scrittore, letterato, filosofo ed
oratore romano, per non dire anche italiano contemporaneo. A lui si deve, per
esempio di quanto sia stato valido oratore, l’invenzione della parola “probabile”
come conosciuta ai giorni nostri; grazie alla sua tecnica di memorizzazione
abbiamo espressioni come:”in primo luogo; in secondo luogo” etc…
Capire il pensiero
di Cicerone non è facile; accettarlo ancora di meno: è stato il più grande
oratore romano anche perché il più aggressivo, criticato e discusso, sia tra i
contemporanei che nel medioevo.
Oggi, per fare un paragone impossibile, sarebbe un
conservatore di ferro: innamorato della Repubblica e della forma Repubblicana
la difese fino alla fine dei suoi giorni, contrastando la creazione di imperi e
monarchie varie.
Non era un santo, lo preciso subito: sostenitore
dell’importanza della “Casta” ovvero di un’oligarchia di “probi viri “
selezionati per cultura e non per nascita. Forte del fatto di non essere stato
lui stesso nato nobile si oppose da sempre all’oligarchia ereditaria. Si può
dire che abbia inventato i “curricula” sotto un certo aspetto, tutto
finalizzato alla “concordia ordinum”.
Io credo, considerando che erano altri secoli, che
Cicerone si rendesse conto che la gente di Roma era all’80% di estrazione
contadina ed al 10% patrizia, quindi forse colta, ma anche senza particolari meriti.
Oggi sicuramente non la penserebbe così, visto l’altissimo
numero di laureati che camminano per le strade, ma la Repubblica di cui era
tanto innamorato non la troverebbe più.
Pochi se lo ricordano ma la fine della Repubblica
Romana messa in crisi proprio nel periodo di Cicerone e terminata con Augusto,
crollò proprio per l’esaltazione di figure carismatiche, accentratrici ed
individualiste come quelle di Cesare e Pompeo contro cui Cicerone spesso si
scagliò. Questi ultimi, comunque legati alla cultura Repubblicana non la
distrussero formalmente ma nella praticala struttura sociale era ormai irrimediabilmente corrotta.
Oggi Cicerone dormirebbe sonni tranquilli: oggi abbiamo
gli “Statisti”. Cioè persone che grazie al loro carisma incarnano e si occupano della disciplina politica della Nazione.
Riporto dal De Repubblica:
“La libertà,
che non consiste nell'avere un padrone giusto, ma nel non averne alcuno.”
” Nei dissensi civili, quando i
buoni valgono più dei molti, i cittadini si devono pesare, non contare.”
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