In questi giorni si è
parlato del “famoso sorriso” tra il Presidente della
Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, e quello del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy che a tutti ha ricordato
quello rivolto a Berlusconi dalla
cancelliera tedesca Angela Merkel e l'allora presidente francese Nicolas
Sarkozy. La domanda del
giornalista di Radio Radicale era:” Il
presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, sarà qui e incontrerà Barroso:
ha detto che vuole dare maggior potere d’acquisto agli italiani, rilanciare la
domanda con 10 miliardi di euro per 10 milioni di lavoratori e questo
aumentando il deficit. La ragione politica è che si tratta di una risposta agli
euroscettici in vista delle elezioni europee. Voi condividete questo approccio?
E’ giusto aumentare il deficit per rispondere ai timori elettorali?”
Sinceramente mi sarei aspettato una risposta da Barroso, ed invece ha risposto
Van Rompuy dicendo che avrebbe colto l’occasione
per chiarire la natura di quelle dichiarazioni.
Se devo essere onesto il sorriso tra i due massimi
esponenti della UE è diverso da quello dei due capi di Stato: più breve, meno
ironico, e più perplesso. A me personalmente ha suscitato più un senso di
indifferenza che di preoccupazione o ironia.
Il giorno dopo comunque Renzi incontra Barroso, ed
al termine del colloquio dichiara:” Con Ue né conflitti né sudditanza. La
posizione dell'Italia non è cambiata, siamo in linea di assoluta continuità con
i governi che ci hanno preceduto. Dobbiamo fare del semestre italiano una
grande occasione per l'Europa. […]Ho letto
dei sorrisi tra Barroso e Van Rompuy, ma ho trovato questa ricostruzione
lontana dalla realtà. Il mio obiettivo, però, è far sorridere le famiglie
italiane.”(preso da Repubblica).
Ora, ad essere onesto io vorrei parlare di queste
riforme di Renzi che fanno discutere, ma devo costatare che di scritto non c’è
nulla.
Vediamo allora le dichiarazioni del Premier: Il Sole24 Ore:”Renzi: O
l'Ue è una sfida politica e richiama la politica alla dignità del suo ruolo o
noi perdiamo. C'è uno spread tra le aspettative dei cittadini e il rapporto con
l'Europa, uno scollamento incredibile come dimostrano i sondaggi devastanti,
uno tsunami. Nella discussione dei prossimi mesi è maturo in tutti il
convincimento che l'Europa basata solo sulla stretta aderenza ai parametri
tecnocratici allontana sempre di più i cittadini: prima che il debito abbiamo
il problema della mancanza di crescita. Se noi saremo in grado di raccontare
che tipo di Europa immaginiamo forse sconfiggeremo i populismi che in Italia
hanno le sembianze di Grillo e della Lega. Dire che i vari interventi
legislativi nel passato non hanno creato precarietà e l'hanno risolta significa
negare la realtà. Cambiare e semplificare le regole è una priorità assoluta.
C'è tempo
fino al 25 maggio per approvare la nuova legge elettorale. Il presidente del
Consiglio non si candida.”
Insomma un fiume in piena: a parte che noto come il
ddl sulla legge elettorale è stato spostato al 25 di maggio(insieme ai famosi
€80) quando lo aveva promesso per fine febbraio, vediamo questa famosa
riforma del lavoro che dice: Da Il Fatto
Quotidiano:
(24 Febbraio)
“Porteremo
immediatamente alla vostra attenzione una riduzione a doppia cifra del cuneo
fiscale con misure serie, irreversibili, non solo legate alla revisione della
spesa, che porterà già nel semestre 2014 risultati immediati. Tagliare la spesa
pubblica che non serve è una priorità se si vuol creare spazio per una
riduzione del carico fiscale. Il primo impegno è lo sblocco totale dei
debiti della pubblica amministrazione attraverso un diverso utilizzo della
Cassa depositi e prestiti; dobbiamo avere il coraggio di far emergere in modo
netto, chiaro ed evidente che ogni centesimo speso dallo Stato debba essere
visibile online da parte di tutti. il secondo impegno sarà la costituzione e il
sostegno di fondi di garanzia anche attraverso un rinnovato utilizzo della
Cassa depositi e prestiti, dell’unica reale e importante questione sul tappeto,
quella delle piccole e medie imprese che non riescono ad accedere al credito; infine
prometto un piano di investimenti da diversi miliardi di euro in scuola ed
edilizia scolastica, coinvolgendo i sindaci, anche attraverso l’allentamento
del patto di stabilità.”
(28 febbraio)
” In 15 giorni immaginiamo di dover mettere in
campo la proposta sul lavoro che è molto urgente perché ci viene chiesta non
solo dalle istituzioni internazionali ma da quel 12 per cento di giovani e
cinquantenni che hanno perso lavoro e non riescono a ritrovarlo; La politica è l’unica
risposta alla crisi che la società sta vivendo, possiamo dare una risposta
reale. Il mio augurio è che tornando a casa proviate i brividi, un senso di
vertigine e di preoccupazione per questa sfida a cui ci chiama il Paese.”
La Stampa(12 marzo):” L’intervento più
importante è il taglio delle tasse: dieci miliardi di euro che da maggio
resteranno ai cittadini. La platea coinvolta è quella dei redditi sotto i
25.000 euro, cioè circa dieci milioni di italiani.Sono mille euro netti
all’anno in più in busta paga a chi ne guadagna meno di 1.500 al mese. lo
sblocco dei debiti della Pubblica amministrazione (22 già pagati, altri 68
miliardi entro luglio); il taglio del 10% dell’Irap per le aziende che sarà
finanziata con l’aumento dal 20 al 26% della tassazione sulle rendite
finanziarie, la partenza è prevista dal 1° maggio; il piano per l’edilizia
scolastica da 3,5 miliardi; costo dell’energia giù del 10% per le imprese da
maggio; lo sblocco di tre miliardi di fondi europei; l’asta online delle auto
blu(100) dal 26 marzo al 16 aprile; il rafforzamento del fondo di garanzia per
i crediti alle Pmi.I dubbi sono legittimi ma le coperture sono evidenti. Sarà un’operazione
di portata storica: riforma del Senato inclusa, o chiudo con la politica.”
Il Fatto Quotidiano(22 Marzo)” Ecco una prima analisi dei punti principali
del Job Act.
Taglio dell’Irap del 10 per cento finanziato
dall’aumento dell’aliquota sulle rendite finanziarie. L’Irap vale 33
miliardi all’anno e serve a finanziare la sanità delle Regioni. Irap privata, vale
20 miliardi, dovrebbe comunque trovare 2 miliardi di copertura.
Energia: ridurre il costo del
10 per cento per le aziende attraverso un taglio degli “incentivi cosiddetti
interrompibili”. Martedì sera a Otto e Mezzo Renzi aveva un’idea completamente
diversa: tagliare gli oneri di distribuzione, cioè far pagare il conto alle
reti (Terna e Snam) e ai venditori di energia. Tagliare questi incentivi
“interrompibili” avrà come effetto immediato quello di far salire i costi per
alcune grosse aziende.
Assegno universale per chi perde il lavoro,
con obbligo di seguire un corso di formazione e di non rifiutare più di una
proposta di lavoro. L’assegno universale esiste già, è l’Aspi e la mini-Aspi
introdotta dalla riforma Fornero nel 2012.
Nuovi posti di lavoro. Per sette settori
(Cultura-Turismo-agricoltura, Made in Italy, Ict, Green economy, Nuovo Welfare,
Edilizia , Manifattura), il Jobs Act conterrà un singolo piano industriale. Il
cuore del “piano del lavoro” di Renzi non ha concretezza. Si limita ai titoli.
Presentazione entro otto mesi di un codice
del lavoro.
Il Codice del lavoro forse va presentato prima di otto mesi, il tempo
delle attese non era finito?
Riduzione delle varie forme contrattuali, oltre 40. Processo
verso un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti. Le
forme di lavoro previste dalle attuali normative sono, probabilmente, 40 ma
quelle utlizzate non arrivano a dieci: Il contratto unico indeterminato è stato
proposto inizialmente da Tito Boeri e Pietro Garibaldi e si basa sull’idea che
basti una forma contrattuale in cui il raggiungimento di tutte le garanzie
avvenga nell’arco di tre anni.
Legge sulla rappresentatività sindacale e
rappresentanti eletti dai lavoratori nei Cda delle grandi aziende. La legge è già in
discussione alla commissione Lavoro della Camera. La si potrebbe approvare in
poche settimane rendendo felici sia la Fiom che la Cgil. Sull’ingresso nei Cda
delle aziende: il sistema tedesco, la Mitbestimmung, prevede la presenza dei
lavoratori in Consigli di sorveglianza con possibilità di intervenire sulle
scelte aziendali e, anche, di nominare i manager. Ma non di divenire azionisti
o amministratori dell’impresa.
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