Le Guerre appaiono inevitabili: lo appaiono sempre quando per anni non si fa nulla per evitarle.

sabato 12 dicembre 2015

“IL REATO DI CHI SVALIGIA UNA BANCA È NULLO RISPETTO A QUELLO DI CHI LA FONDA”


Roma: Non si parla d’altro ormai che del c.d. “Decreto salvabanche”; vediamo una rassegna stampa presa da alcuni giornali specializzati; IlSole24Ore ed Il FattoQuotidiano. 
Il 22 novembre si è varato il salvataggio di quattro istituti di credito il cui destino era in bilico da mesi: CariFerrara, Banca Marche, Banca Etruria e CariChieti: nel tecnico, salvi depositi, conti correnti e obbligazioni ordinarie, pagano azionisti e titolari di obbligazioni subordinate.
Il decreto in questione non propone alcun finanziamento pubblico né il Bail-in, cioè la possibilità per la banca in caso di difficoltà, di poter attingere dai conti concorrenti privati. Per i clienti dunque all’apparenza nulla è cambiato, essendo le sedi ed i dipendenti normalmente operative, ma la verità è che le quattro banche sono quattro banche nuove possedute dallo stesso Fondo di Risoluzione.
Quello che non si dice, o si dice poco, è che questa è stata l’unica soluzione proposita dal governo ed accettata dall’Europa (quindi a contrario, imposta dall’inizio).


In pratica, con un CdM riunito “ad hoc” il Fondo di Risoluzione composto dalle tre banche sane (Intesa, Unicredit, UBI), che è quello che materialmente è incaricato a salvare le quattro banche, metterà a disposizione 3.6 Miliardi di euro di cui solo 2 miliardi rientreranno entro 18 mesi grazie al circuito delle 208 banche non-Bcc; nel pratico ognuna delle banche salvata è stata divisa in una parte buona ed una cattiva; in quella buona (“bridge bank” o “good bank”) sono inclusi i crediti correnti, i depositi ele obbligazioni  ordinarie; il capitale ricostruito grazie all’intervento del Fondo il cui Presidente è De Polis, con Nicastro (ex Unicredit) Direttore Generale. Contemporaneamente assieme alla good bank è stata creata una “bad bank” senza licenza ad operare. Entrambe le parti (good e bad) saranno vendute o comunque liquidate. A livello numerario la parte investita dal fondo che non sarà recuperata nelle bad, ammonta a circa 1.7 miliardi; nella parte buona da rivendere e recuperare l’investimento è di 1.8M, in totale 3.6 Miliardi.

Ora la nota dolente:  Le perdite sono state assorbite in prima battuta da azioni e "obbligazioni subordinate"(titoli caratterizzati da un maggior rendimento ma con un rischio superiore rispetto alle obbligazioni ordinarie); facendo così sono circa 130mila i piccoli risparmiatori che hanno perso i propri soldi investiti in questo tipo di prodotto. La “bad bank” si accolla i crediti deteriorati per 8,5 miliardi che vengono massicciamente svalutati a 1,5 con l'obiettivo di cederli rapidamente sul mercato.  Se un merito però si può attribuire a questo decretosalva-banche è quello di aver svelato la pochezza delle argomentazioni auto-assolutorie con cui la politica e la Banca d’Italia cercano ora di scaricare il barile delle responsabilità su Bruxelles.
Emblematica l’analisi di Barbagallo, capo della Vigilanza della Banca d’Italia, sotto i riflettori delle accuse per mancato controllo, con ammissione di impotenza (e di colpevolezza) su tutta la linea: dalla presunta impossibilità della Vigilanza di intervenire sulle situazioni più gravi, fino ad arrivare all’oggi quando Bankitalia si interroga sull’opportunità di vietare il collocamento degli strumenti più rischiosi alla clientela retail. Di qui la dimostrazione della totale incapacità del sistema su un tema tanto delicato e tanto strategico, considerata anche l’enorme diffusione che le obbligazioni bancarie e le azioni delle banche popolari hanno presso il pubblico, soprattutto a causa delle modalità anche fraudolente con cui sono state collocate dalle banche stesse omettendo la situazione drammatica delle stesse banche. Modalità sulle quali, peraltro, le autorità di vigilanza hanno colpevolmente chiuso gli occhi per decenni.



Padoan ha parlato di  “sostegno a chi a causa delle perdite subite si trovi in condizioni di indigenza”. Non un risarcimento, dunque, ma un’elemosina. “I benefici derivanti dalle prestazioni del Fondo non sono cumulabili con eventuali altri proventi di carattere risarcitorio o indennitario connesso agli stessi”. Un modo per scoraggiare i risparmiatori truffati dal far causa alle banche e aConsob e Bankitalia per gli omessi controlli. Responsabilità precise in questa situazione però le ha anche la politica, come ha sottolineato Barbagallo in Commissione Finanze: “In più occasioni la Banca d’Italia ha pubblicamente sollecitato interventi normativi che vietassero il collocamento degli strumenti più rischiosi presso i piccoli risparmiatori, limitandolo a operatori specializzati”. Sollecitazione caduta appunto nel vuoto.
Non solo: Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi hanno anticipato la liquidità necessaria “a tassi di mercato” che guarda caso vengono tenuti rigorosamente riservati facendo sorgere il legittimo sospetto che le “primarie banche finanziatrici” guadagneranno un bel po’ di quattrini a rischio zero, visto che oltretutto il finanziamento è garantito in ultima istanza dalla Cassa Depositi e Prestiti.

Dall’audizione di oggi di Padoan alla Commissione Finanze: “Non si può escludere che le banche abbiano venduto obbligazioni subordinate a persone che presentavano un profilo incompatibile con la natura di questi titoli di investimento, ma questo è quanto andrebbe accertato con un’analisi di ogni singola posizione.” Questo in risposta anche all’accusa di Hill della Commissione UE: migliaia di piccoli investitori sono stati truffati senza che Consob o Bankitalia intervenissero; un risparmiatore poco o male informato è potenziale vittima di abusi. Occorre aumentare l’informazione e la capacità di valutazione dei risparmiatori per ridurre le asimmetrie informative e il rischio di abuso.

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