Roma: Non si parla d’altro ormai che del c.d. “Decreto salvabanche”; vediamo una
rassegna stampa presa da alcuni giornali specializzati; IlSole24Ore ed Il
FattoQuotidiano.
Il 22 novembre si è varato il
salvataggio di quattro istituti di credito il cui destino era in bilico da
mesi: CariFerrara, Banca Marche, Banca Etruria e CariChieti: nel tecnico, salvi
depositi, conti correnti e obbligazioni ordinarie, pagano azionisti e titolari
di obbligazioni subordinate.
Il decreto in questione non propone alcun
finanziamento pubblico né il Bail-in, cioè la possibilità per la banca in caso
di difficoltà, di poter attingere dai conti concorrenti privati. Per i clienti
dunque all’apparenza nulla è cambiato, essendo le sedi ed i dipendenti
normalmente operative, ma la verità è che le quattro banche sono quattro banche nuove possedute dallo stesso Fondo di Risoluzione.
Quello che non si dice, o si dice poco, è che questa è
stata l’unica soluzione proposita dal governo ed accettata dall’Europa (quindi a
contrario, imposta dall’inizio).
In pratica, con un CdM riunito “ad hoc” il Fondo di
Risoluzione composto dalle tre banche sane (Intesa, Unicredit, UBI), che è
quello che materialmente è incaricato a salvare le quattro banche, metterà a
disposizione 3.6 Miliardi di euro di cui solo 2 miliardi rientreranno entro 18 mesi grazie
al circuito delle 208 banche non-Bcc; nel pratico ognuna delle banche salvata è stata
divisa in una parte buona ed una cattiva; in quella buona (“bridge bank” o
“good bank”) sono inclusi i crediti correnti, i depositi ele obbligazioni ordinarie; il capitale ricostruito grazie
all’intervento del Fondo il cui Presidente è De Polis, con Nicastro (ex
Unicredit) Direttore Generale. Contemporaneamente assieme alla good bank è
stata creata una “bad bank” senza licenza ad operare. Entrambe le parti (good e
bad) saranno vendute o comunque liquidate. A livello numerario la parte
investita dal fondo che non sarà recuperata nelle bad, ammonta a circa 1.7 miliardi;
nella parte buona da rivendere e recuperare l’investimento è di 1.8M, in totale
3.6 Miliardi.
Ora la nota dolente: Le perdite sono state
assorbite in prima battuta da azioni e "obbligazioni subordinate"(titoli
caratterizzati da un maggior rendimento ma con un rischio superiore rispetto
alle obbligazioni ordinarie); facendo così sono circa 130mila i piccoli
risparmiatori che hanno perso i propri soldi investiti in questo tipo di
prodotto. La “bad bank” si accolla i crediti deteriorati per 8,5 miliardi che
vengono massicciamente svalutati a 1,5 con l'obiettivo di cederli rapidamente
sul mercato. Se un merito però si può attribuire a questo decretosalva-banche è quello di aver
svelato la pochezza delle argomentazioni auto-assolutorie con cui la politica e
la Banca d’Italia cercano ora di scaricare il barile delle responsabilità su Bruxelles.
Emblematica l’analisi di Barbagallo, capo della
Vigilanza della Banca d’Italia, sotto i riflettori delle accuse per mancato
controllo, con ammissione di impotenza (e
di colpevolezza) su tutta
la linea: dalla presunta impossibilità della Vigilanza di intervenire sulle
situazioni più gravi, fino ad arrivare all’oggi quando Bankitalia si interroga
sull’opportunità di vietare il
collocamento degli strumenti più rischiosi alla clientela retail. Di qui la dimostrazione della totale incapacità
del sistema su un tema tanto delicato e tanto strategico, considerata anche
l’enorme diffusione che le obbligazioni bancarie e le azioni delle banche
popolari hanno presso il pubblico, soprattutto a causa delle modalità
anche fraudolente con
cui sono state collocate dalle banche stesse omettendo la situazione drammatica delle stesse banche. Modalità sulle quali, peraltro,
le autorità di vigilanza hanno colpevolmente chiuso gli occhi per
decenni.
Padoan ha parlato di “sostegno
a chi a causa delle perdite subite si trovi in condizioni di indigenza”. Non un risarcimento,
dunque, ma un’elemosina. “I benefici
derivanti dalle prestazioni del Fondo non sono cumulabili con eventuali altri proventi di
carattere risarcitorio o indennitario connesso agli stessi”. Un modo per scoraggiare i
risparmiatori truffati dal far causa alle banche e aConsob e
Bankitalia per gli omessi controlli. Responsabilità precise in questa
situazione però le ha anche la politica, come ha sottolineato Barbagallo in Commissione Finanze: “In più occasioni la Banca d’Italia ha
pubblicamente sollecitato interventi normativi che vietassero il collocamento
degli strumenti più rischiosi presso i piccoli risparmiatori, limitandolo a
operatori specializzati”. Sollecitazione caduta appunto nel vuoto.
Non solo: Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi hanno anticipato la liquidità necessaria “a tassi di mercato” che guarda caso vengono tenuti
rigorosamente riservati facendo
sorgere il legittimo sospetto che le “primarie
banche finanziatrici” guadagneranno un bel po’ di quattrini a rischio zero, visto che oltretutto il
finanziamento è garantito in ultima istanza dalla Cassa Depositi e
Prestiti.
Dall’audizione di oggi di
Padoan alla Commissione Finanze: “Non si
può escludere che le banche abbiano venduto obbligazioni
subordinate a persone che
presentavano un profilo incompatibile con la natura di questi titoli di investimento, ma questo è quanto
andrebbe accertato con un’analisi di
ogni singola posizione.” Questo in risposta anche all’accusa di Hill della
Commissione UE: migliaia di piccoli investitori sono stati truffati senza che
Consob o Bankitalia intervenissero; un risparmiatore poco o male
informato è
potenziale vittima di abusi. Occorre aumentare l’informazione e la capacità di
valutazione dei risparmiatori per ridurre le asimmetrie informative e il rischio di abuso.
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